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CHE FINE HANNO FATTO LE LAPIDI CHE RICORDANO IL MARTIRIO DI SAN GENNARO NELL’ANFITEATRO FLAVIO ?

UNA PUBBLICAZIONE SCONOSCIUTA DI RAIMONDO ANNECCHINO Nei primi anni 80, se ben ricordo nel 1984 fu celebrata una messa commemorativa all’interno della Cappella, dall’indimenticato reverendo Don Raffaele Russo con relativa visita guidata all’Anfiteatro Flavio: in occasione di una manifestazione culturale ” Primavera nei Campi Flegrei” che prevedeva tutta una serie di iniziative turistiche, organizzate dall’allora Gruppo Archeologico Subacqueo Campano di Pozzuoli, allora diretto da me e dal mio caro amico, poi Dott. Archeologo Sub Gennaro Di Fraia. Fu un ulteriore contributo alla valorizzazione della cappella di San Gennaro che già alloranon stava di certo in buone condizioni. Riporto una foto pubblicata su una guida appositamente fatta stampare dal Comune di Pozzuoli il 29 maggio del 1926 dalle Arti Grafiche Francesco granito & Figli - Pozzuoli, in occasione della visita turistica degli Albergatori Americani alla nostra città. Interessanti sono le mattonelle con greca circolare e motivo floreale che l’adornavano, se ben ricordo , ma vorrei tanto sbagliarmi una delle due lapidi fu soggetta a tentativi di furto negli anni 80, nel periodo in cui fu trafugata la testa della statua del Nettuno trovato nelle acque di Baia che adornava l’ingresso dell’Anfiteatro negli anni 30/40 e poi relegato in un ambulacro dove fu decapitato. La ricordo imbrattata di scritte, vandaliche. Le notizie storiche riportano due lapidi, poste ai lati dell’ingresso della cappella dove c’era il piccolo altare decorato da maioliche e sul quale c’è ancora la ceramica statuaria di San Gennaro e San Procolo che si abbracciano.Sulle due lapidi ed il loro contenuto grafico mi è impossibile dare notizie per motivi epigrafici. Riporto di seguito parte di un articolo del tutto sconosciuto all’entourage culturale puteolano,” L’Anfiteatro Flavio Puteolano”: dello storico sindaco di Pozzuoli, Raimondo Annecchino, non riportato nelle pubblicazioni consuntive delle sue opere e pubblicato sul giornale “LA CAMPANIA” n. 2 del 27 gennaio 1936 (Napoli). “Con i ludi gladiatori, venatori e italici, vi si eseguiva pure la damnatio ad bestias la pena capitale consistente nel far divorare il condannato dalle belve, cioè la pena capitale consistente nel far divorare il condannato dalle belve feroci. E’ noto che ai tempi dell'lmpero le pene variavano secondo le diverse classi sociali. Mentre, per gli altiores v’erano la deportazione e la confisca, e per gli honestíores la decapitazione, per gli humiliores v’erano la crocifissione e la condanna alle bestie feroci. Essendo i Cristiani ritenuti dalle leggi romane vili e spregevoli, la pena di morte veniva ad essi applicata sovente con damnatio ad bestias, Secondo la leggenda degli Atti del martirio di S. Gennaro e, Compagni anche ad essi, vittime della persecuzione che s' intitola da Diocleziano, nel 305, fu assegnata la stessa sorte nel nostro anfiteatro. Ma le belve non osarono assalire gli eroici confessori della fede che ebbero poscia tronca la vita dalla bipenne del carnefice nella piazza di Vulcano presso! la Solfatara, dove al posto dell”antica memoria martyrum sorge la Chiesa di S. Gennaro. La tragica scena dei nostri martiri ad bestías ispirò il bel quadro di Artemisia Gentileschi che adorna il coro della Cattedrale di Pozzuoli. Da questo leggendario episodio derivò la denomizione di Carcere di S Gennaro, con cui nei secoli scorsi fu conosciuto pure il nostro anfiteatro. Ed a ricordo di esse si osserva tuttora, nel settore settentrionale. dell'anfiteatro, lungo la galleria principale a destra del nuovo ingresso, un altare marmoreo sormontato da un gruppo raffigurante S. Gennaro e S. Procolo in mistico abbraccio. Questa Cappella, dedicata dalla fede popolare al culto di S. Gennaro rimonta al Medio Evo. Restaurata nel sec. XVII dal Vescovo puteolano Marchese dei P. P. era ricaduta. nel più grande abbandono. Nel 1931, con l' efficace cooperazione della Soprintendenza alle Antichità della Campania, fu riconsacrata al culto dal compianto Mons. Petrone: e fu come il prodromo della solenne processione espiatoria, che, in occasione del Congresso regionale eucaristico, si svolse nell' ottobre di quell' anno nell`arena del grandioso monumento pagano. Per lunghi secoli l’anfiteatro è rimasto interrato dall' enorme mole di materiali vulcanici, di riporto e delle sue stesse rovine. Si conosceva solo un tratto della galleria di sostruzione, della cavea, dove trovasi la Cappella di S. Gennaro. L’arena come la cavea erano ricoperte da lussureggiante vegetazione. Gli“ scavi cominciarono nel l839, e, si svolsero poi in successive intermittenti riprese. Nel 1842 l’arena vErdeggiava. ancora di pioppi e di viti. ln seguito sotto la direzione del Deli De Ruggiero, furono dissotterrati quasi tutti i sotterranei. È merito dell`attuale Soprintendente alle Anticliíta della Campania. Comm. Maiuri d’aver menato quasi a termine lo sterro e di aver isolato il versante meridionale del monumento, che ora appare in tutta la sua grandiosa magnificenza. “ Raimondo Annecchino



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